Siamo
 patrioti ed europei, perché da italiani crediamo nell’Europa dei 
popoli. Comunità di nazioni, con lingue e tradizioni diverse, che, 
tuttavia, si sono sempre riconosciute affini. Antiche città, campanili e
 borghi che disegnano un paesaggio multiforme eppure, nei suoi tratti 
essenziali, unico. Le sfide che ci aspettano a livello mondiale rendono 
indispensabile un legame sempre più forte tra i nostri popoli.
Solo
 l’Europa, nel suo complesso, può competere ad armi pari sullo scenario 
planetario con potenze come Stati Uniti, Russia, Cina, India e i grandi 
blocchi emergenti. Non è però l’attuale Unione Europea, segnata ormai da
 una deriva burocratica, tecnocratica e lobbistica che appare 
irreversibile, la corretta risposta alle necessità delle Nazioni 
europee. Noi non ci schieriamo tra i sostenitori di un ingenuo 
federalismo europeo fatto di ulteriori cessioni di sovranità e nemmeno 
tra i fautori dell’Europa a due o più velocità.
Reputiamo
 che si debbano rivedere tutti i trattati europei e ripartire da un 
nuovo patto, da una Confederazione di Stati liberi e sovrani che 
cooperino sulle grandi materie strategiche, dalla sicurezza 
all’immigrazione, dal mercato comune alla politica estera e di difesa, 
ma senza la tirannia acefala di un’anonima sovrastruttura burocratica 
incapace di rappresentare le esigenze degli Stati membri e le istanze 
dei loro cittadini.
In
 questa ottica, guardiamo con attenzione al “gruppo di Vysegrad” del 
quale fanno già parte Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia, e
 al quale si potrebbe unire presto l’Austria, quale simbolo 
dell’opposizione alla degenerazione burocratica dell’Unione Europea e 
della difesa dell’Europa reale e storica.
Ripensare
 il rapporto con l’Europa per riprenderci innanzitutto la nostra 
sovranità nazionale e ribadire che la sovranità appartiene al popolo. Da
 qui la nostra volontà di revisione costituzionale per consentire agli 
italiani di esprimersi per via referendaria
sui
 trattati internazionali e per introdurre nella Costituzione una 
“riserva disovranità”, sul modello dell’ordinamento tedesco, che 
impedisca l’adesione a trattati e accordi internazionali o 
l’introduzione di direttive e/o regolamenti che ledano il nostro 
interesse nazionale o mettano in discussione la sovranità popolare.
Tornare,
 inoltre, a difendere i nostri asset strategici e la nostra capacità 
produttiva diventati terra di saccheggio per il capitalismo straniero, 
spesso sostenuto da Governi esteri per espandere la propria influenza 
sul nostro territorio.
 

 
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