lunedì 28 maggio 2018

Con il popolo, contro il sistema!




Antonio Saggese al Comune di Brugherio


Giorgia Meloni: centrodestra unito contro Cottarelli...

Giorgia Meloni su Mattarella e Cottarelli...

"La porcata di Mattarella" (Marcello Veneziani)


Alla fine, la porcata arrivò. Via il governo populista venuto dalle urne, via il ministro sgradito agli eurarchi, nasce il governo tecnico voluto dal Palazzo, nel nome del terrorismo economico europeo. Finisce un incubo e se ne apre un altro, forse peggiore. Tre mesi e stiamo peggio di prima. Il no a Savona di Mattarella e per sua bocca di tutto l’establishment, è il no all’Italia sovrana.
Si va al voto, Salvini e il centro-destra partono in vantaggio, Di Maio rischia grosso e al suo posto si rivede Diba; ma ora aspettatevi il bombardamento antipopulista, il terrorismo finanziario per seminare panico tra la gente e intimidire gli elettori… Dopo lunga agonia è finita la seconda repubblica ma non si sa che roba stia cominciando: la terza repubblica, la quarta internazionale, la quinta di Beethoveen…
Per ora becchiamoci l’Impero eurocratico e i suoi emissari locali e Cottarelli per accodarci all’Europa e far sbollire i furori populisti. E non voglio pensare a che terremoto accadrebbe se la maggioranza ampia del parlamento, tra fratelli d’Italia, lega e grillini, puntasse sull’impeachment del Presidente della repubblica. Stiamo davanti a una crisi senza precedenti….
Quando vedi schierati dalla stessa parte la Germania italofoba, gli eurocrati, la sinistra, i giornaloni, le agenzie di rating, Mister Spread e il Quirinale, agli italiani non resta che stringersi intorno a Salvini & Savona. Da una parte è il sistema, l’establishment, la Trojka, il primato contabile e finanziario, la conservazione degli assetti, l’apparato ideologico e tecnocratico che ci ha portato fin qui e dall’altra ci sono i popoli, i cittadini, il loro voto e il loro malessere. Capisci che è in gioco la sovranità nazionale e popolare, la possibilità per un governo di ridiscutere gli obblighi e le minacce, e non di subirli. Savona e Salvininon discutono la permanenza in Europa o nell’euro ma il modo di starci e i ruoli pre-assegnati. Tutto questo è vero, e si unisce al richiamo alla dignità nazionale, all’orgoglio italiano calpestato e ferito. Non si tratta di bullismo politico o di prepotenza populista. Non era Savona il toccasana né l’ammazzaeuropa; è semplicemente un lucido e autorevole economista e il migliore dei ministri proposti nella rosa di maggio del duo Salvini-Di Maio.
Impressiona vedere quante mezze calzette e sprovveduti totali vengano accettati dal Quirinale e da tutto l’apparato politico-mediatico-istituzionale in ministeri anche importanti, ma non venga accolto l’unico esperto, competente, che esprime appieno in sede economica la linea del cambiamento e della sovranità nazionale sancita dalla Costituzione e violata in seguito.
Ascoltate con attenzione gli avvertimenti di stampo mafioso e antidemocratico degli esponenti di quel corteo funebre che è la sinistra. A loro stanno bene i più sciamannati dei grillini mentre tolleranza zero verso Salvini, Savona, “la destra” e verso il vero contenuto del cambiamento, voluto e votato dagli elettori. Una posizione ideologica, pregiudiziale, minacciosa, antitaliana che ancora una volta non capisce il senso dei tempi, delle sfide e dei popoli. E si attarda sugli schemini di sinistra-progresso, destra-regresso.
Il quadro è chiaro ma bisogna con onestà e senso critico sottolineare anche due avversità. La prima è che lo schema italiani vittime/ europei carnefici semplifica brutalmente e imprecisamente la questione. Sia come popolo che come classi dirigenti i nostri guai non dipendono solo dai tiranni di fuori ma anche dai cialtroni di dentro, che peraltro rispecchiano il nostro popolo. Non scarichiamo sull’esterno colpe, errori, sprechi, abusi e debiti che derivano da noi stessi. È comodo farlo ma non è veritiero.
La seconda avversità riguarda proprio gli attori del cambiamento. Per ridiscutere gli assetti europei e il ruolo dell’Italia, per rinegoziare i parametri, ci vuole un governo forte, saldo, in grado di affrontare le sfide. E qui ci sale tutto lo sconforto. Salvini e i leghisti sono una squadra su cui con qualche azzardo e alcuni seri contrappesi potremmo anche avventurarci a scommettere.
Ma lo avreste visto un governo gialloverde, coi grillini che non hanno alcuna preparazione, alcuna convinzione, alcuna storia, riuscire a risalire la china e insieme a farsi sentire in Europa? Non sentivate aria di Grecia, di Tzipras e di come poi si sono ridotti? Pensate che un signore sorteggiato sulla ruota dei grillini, tale Conte, avrebbe potuto trattare con la Merkel e con Junker? Pensate che un Di Maio avrebbe potuto affiancarlo dando forza, credibilità e sicurezza al governo? E se tutto questo fosse stata solo una menata per tornare al voto? Partimmo con tante riserve critiche rispetto al nascente governo, ci sforzammo di sospenderle per non remare contro l’Italia che li aveva votati e non bocciarli prima di vederli all’opera.
Ora ci schieriamo inevitabilmente a loro favore quando vediamo la reazione furiosa dell’establishment e l’Italia umiliata. Ma quei due punti restano. E l’idea che tutto questo alla fine si traduca in un’altra campagna di guerra elettorale non ci esalta, mentre ci preoccupa il governo-cuscinetto nato per soffocare nella culla l’onda populista, di farla sbollire con l’alibi di gestire un semestre di scadenze perentorie.
Forza Salvini, Avanti Savona, Viva l’Italia. Però che porcata…
MV, Il Tempo 28 maggio 2018
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-porcata/

domenica 27 maggio 2018

Mattarella traditore: dimissioni ed elezioni !


Il presidente Sergio Mattarella è un traditore della patria che, invece di difendere la nostra sovranità nazionale e popolare, pensa a tutelare gli interessi dei poteri forti della plutocrazia mondialista: della Unione Europea, delle Banche Centrali, del Fondo Monetario Internazionale, della NATO e degli USA.
No a governi tecnici, servi degli interessi economici e geopolitici stranieri e privati: dobbiamo mobilitarci ed essere pronti a marciare su Roma, per chiedere le immediate dimissioni di Mattarella, la sua condanna per alto tradimento, e, contemporaneamente, subito elezioni politiche anticipate!
Partendo da Lega e Fratelli d'Italia, dobbiamo costituire un grande fronte nazionale, popolare, sociale, identitario e sovranista per difendere i nostri legittimi interessi, la nostra sicurezza, il nostro benessere, la nostra identità.
Circolo FARE FRONTE di Fratelli d'Italia



Giorgia Meloni: Mettiamo in stato di accusa Mattarella

Roberto Jonghi in TV



"Questo governo giallo verde è troppo debole, vittima e ostaggio dei veti del presidente Mattarella che, invece di tutelare veramente la nostra sovranità nazionale, preferisce rassicurare i poteri forti internazionali della Unione Europea, delle Banche Centrali, e della NATO-USA"
"I veri nemici, non solo dell'Italia, ma di tutti I popoli liberi e le nazioni sovrani, sono i poteri forti della plutocrazia mondialista, ovvero gli interessi economici privati dell'alta finanza internazionale che controlla la moneta, le banche, le borse, le assicurazioni e gran parte della informazione pubblica che non è affatto libera ma faziosa e servile"
Roberto Jonghi Lavarini, presidente circolo
FARE FRONTE - FRATELLI d'ITALIA

Ospite della trasmissione di approfondimento politico La Notizia, condotta dal noto giornalista Paolo Bobbiese, su LA 6 TV, emergente televisione locale lombarda, di alta qualità.



martedì 22 maggio 2018

Non al governo giallo-verde di Mattarella...



Abbiamo sincera stima e simpatia per la Lega e Matteo Salvini ma questa alleanza di governo forzato con gli enigmatici 5 Stelle non ci convince proprio, tantomeno la figura tecnica del professore Giuseppe Conte (sconosciuto quanto saldamente legato ai poteri forti della plutocrazia mondialista, ambiente dove è stato formato professionalmente, e formattato culturalmente). Non ci sembra affatto un governo del cambiamento, quanto, piuttosto, del compromesso, dove il vero regista è il nostro presidente della repubblica, Sergio Mattarella, servile custode, non solo della costituzione antifascista, ma anche degli equilibri e delle alleanze internazionali (politiche, economiche e militari) con USA, Unione Europea, Banche Centrali e NATO. Bene hanno fatto, quindi, Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia a stare fuori dalla inedita alleanza giallo-verde, ed ad aspettare la composizione del governo, prima di esprimere giudizi e posizioni politiche precise. Staremo a vedere… La nostra posizione era, del resto, estremamente chiara e coerente: o governo di centrodestra con Salvini presidente del consiglio o elezioni politiche anticipate, dopo avere velocemente modificato la legge elettorale, per assicurare una futura maggioranza, quindi stabilità politica. Una maggioranza omogenea assicurerebbe un governo forte ed è proprio quello che non vogliono i nemici internazionali della nostra sovranità popolare e nazionale, ed i loro miserabili servi nostrani, traditori della nostra patria e dei nostri legittimi interessi geopolitici ed economici.

Roberto Jonghi Lavarini 
(presidente circolo Fare Fronte di Fratelli d'Italia)



Intervista a Giorgia Meloni

Intervista ad Aldolfo Urso (FDI)

sabato 19 maggio 2018

Roberto Jonghi in televisione...






Mirko Cuneo, dirigente di Fare Fronte - Fratelli d'Italia


Nel Direttivo del Circolo Fare Fronte di Fratelli d'Italia, entra MIRKO CUNEO, noto imprenditore della comunicazione e formazione web, già militante dei giovani di Alleanza Nazionale ed ex dirigente del movimento politico Energie per l'Italia, una presenza importante per le sue competenze specifiche, che aiuterà la riorganizzazione, il rinnovamento e la propaganda dello storico gruppo della destra milanese. 


https://www.mirkocuneo.it/


Infatti, Fare Fronte, nasce dal comitato Destra per Milano, fondato, nel lontano 2000, da un gruppo di storici esponenti del Movimento Sociale Italiano. La forza del gruppo sta nella sua composizione eterogenea e trasversale, da tutti i punti di vista: anagrafica, geografica, sociologica e professionale. Tante diverse energie, personalità e storie, unite da un comune sentimento patritottico e da una condivisa sensibilità sociale.








Roberto Jonghi in TV


Alexander Dugin a Milano


venerdì 18 maggio 2018

Anche in ABRUZZO: Fare Fronte!






Nasce il circolo politico culturale FARE FRONTE - ABRUZZO, per portare avanti le tradizionali istanze della destra sociale in FRATELLI d'ITALIA. A promuovere l'iniziativa è un gruppo di storici militanti  e dirigenti locali abruzzesi, con una lunga e diversificata esperianza politica, che oggi si ritorvano perfettamente nella moderna linea politica (patriottica, identitaria e sovranista) di GIORGIA MELONI, in Italia, e di MARINE LE PEN in Europa.

Il circolo ha già un centinaio di sostenitori, sopratutto a Teramo ma in tutte le provincie abruzzesi, fra questi diversi nomi noti del mondo del lavoro. del volontariato e della cultura. Coordinatore di Fare Fronte Abruzzo è EMIDIO DI GIANDOMENICO che porta in dote (o meglio, riporta a casa) alla rinnovata "fiamma tricolore" della Meloni, anche diversi esponenti del movimento Noi con Salvini, già delusi dalle scelte locali e dalle alleanze nazionali della Lega.

"Una bella notizia dalla tradizionalista, patriottica e dannunziana terra d'Abruzzo. Non posso che ricordare storici dirigenti missini come Nino Sospiri e Nicola Cucullo. Conosco Emidio ed il suo gruppo di militanti e sono certo porterà un grande valore aggiunto a Fratelli d'Italia ed alla comune battaglia in difesa della nostra sovranità nazionale" ha commentato Roberto Jonghi Lavarini.

giovedì 17 maggio 2018

Fare Fronte in difesa della nostra Sovranità Nazionale!


Bene hanno fatto Giorgia Meloni e la Direzione Nazionale di Fratelli d'Italia a lanciara un patriottico appello alla unità del controdestra, ad una proposta di governo di centrodestra con Salvini candidato alla presidenza del conisglio dei ministri, che vada a cercarsi una maggioranza in parlamento, o, meglio, andare presto ad elezioni, dopo una veloce revisione della legge elettorale. 

Ma il principale problema non è la inaffidabilità del movimento 5 Stelle, che contiene tutto ed il contrario di tutto, che non ha una precisa linea politica e che ha dimostrato di essere trasformista, diviso e settario, quanto assolutamente incapace di amministrare le città che governa. 

Il vero problema è la nostra sovranità nazionale limitata dai poteri forti della Unione Europea, della NATO, della plutocrazia mondialista che controlla la moneta, le banche e le borse finanziarie del mondo. I veri nemici della nostra sovranità popolare e della nostra libertà di autodeterminazione politica sono paradossalmente, coloro che dovrebbero maggiormente difenderle, ovvero il presidente della repubblica, Mattarella, ed il presidente del consiglio abusivo Gentiloni, che, con le loro dichiarazioni pubbliche, il loro veti ufficiali e le loro trame silenziose, si muovono in maniera servile, a tutela degli interessi stranieri, altrui: europei, americani e mondialisti.

Se non ci liberiamo da queste catene sedicenti "democratiche" (politiche, militari, monetarie e finanziarie, figlie bastarde della IIGM e dell'infame Patto di Yalta), da questi complessi di colpa ed inferiorità culturale che ci hanno inculcato i padroni del sistema mediatico, e da questa classe dirigente di servi sciocchi e utili idioti, non saremo mai liberi e padroni del nostro destino.

Avanti quindi, con il nostro impegno politico, sociale e culturale, ma anche, e direi sopratutto, informativo e formativo.  Avanti, liberi, coerenti e determinati, in Fratelli d'Italia e nel centrodestra, portando la nostra voce nel mondo del lavoro e del sociale, ma principalmente nelle scuole e nelle università dove risiede il futuro del nostro popolo e delle nostra nazione.

Roberto Jonghi Lavarini
presidente circolo Fare Fronte di Fratelli d'Italia

 


martedì 15 maggio 2018

PER UNA NUOVA SOVRANITA' MONETARIA


Quando un governo dipende dai banchieri per il denaro, questi ultimi e non i capi del governo controllano la situazione, dato che la mano che dà è al di sopra della mano che riceve. Napoleone Bonaparte.
La moneta è uno strumento al servizio dei popoli e degli Stati. Rifiutiamo la discussione ideologica che si è innescata sull’euro e reputiamo che la questione della moneta unica europea debba essere trattata in modo realistico e scientifico, senza pregiudizi di sorta.
I dati empirici dicono che l’euro è una moneta che ha avuto effetti distorsivi, anche per gli errori commessi da chi ha definito il rapporto di cambio con la Lira, assolutamente penalizzante per l’Italia. L’Euro di fatto ha arricchito la Germania e impoverito quasi tutti gli altri Stati europei e per questo reputiamo l’implosione dell’Eurozona un rischio reale.
La politica monetaria espansiva attuata dall’attuale governatore della BCE, e la conseguente svalutazione di un euro troppo forte e penalizzante per la nostra economia, ha solo in parte frenato l’egoismo dei banchieri tedeschi. È assolutamente necessario rimettere in discussione il potere di intervento della Bce e il ruolo delle Banche centrali nazionali.
Vogliamo porre seriamente  la  questione  euro  in  sede  europea  e  affermare  la necessità di un sistema di compensazione tra gli Stati membri per bilanciare      gli squilibri causati dalla moneta unica. L’alternativa a un meccanismo di reale riequilibrio non potrebbe che essere l’abbandono concordato e ordinato dell’euro in accordo con gli altri Stati europei.
Porre la questione euro vuol dire anche affrontare l’anomalia tutta europea della sproporzione di forza tra la Banca Centrale e le istituzioni rappresentative della volontà popolare a livello nazionale ed europeo. BCE che, pur mantenendo la sua indipendenza funzionale, deve essere trasformata in prestatore di ultima istanza per contrastare gli attacchi speculativi sui singoli Stati. È di tutta evidenza che il Quantitative Easing ha svolto una funzione storica simile e che, se tale strumento fosse stato varato nell’autunno del 2011, si sarebbe evitato il lungo inverno dei governi non scelti dal popolo.

DIFENDERE LA NOSTRA SOVRANITA'


Un’Europa delle Patrie, ma Patria anch’essa. Charles De Gaulle.

Siamo patrioti ed europei, perché da italiani crediamo nell’Europa dei popoli. Comunità di nazioni, con lingue e tradizioni diverse, che, tuttavia, si sono sempre riconosciute affini. Antiche città, campanili e borghi che disegnano un paesaggio multiforme eppure, nei suoi tratti essenziali, unico. Le sfide che ci aspettano a livello mondiale rendono indispensabile un legame sempre più forte tra i nostri popoli.
Solo l’Europa, nel suo complesso, può competere ad armi pari sullo scenario planetario con potenze come Stati Uniti, Russia, Cina, India e i grandi blocchi emergenti. Non è però l’attuale Unione Europea, segnata ormai da una deriva burocratica, tecnocratica e lobbistica che appare irreversibile, la corretta risposta alle necessità delle Nazioni europee. Noi non ci schieriamo tra i sostenitori di un ingenuo federalismo europeo fatto di ulteriori cessioni di sovranità e nemmeno tra i fautori dell’Europa a due o più velocità.
Reputiamo che si debbano rivedere tutti i trattati europei e ripartire da un nuovo patto, da una Confederazione di Stati liberi e sovrani che cooperino sulle grandi materie strategiche, dalla sicurezza all’immigrazione, dal mercato comune alla politica estera e di difesa, ma senza la tirannia acefala di un’anonima sovrastruttura burocratica incapace di rappresentare le esigenze degli Stati membri e le istanze dei loro cittadini.
In questa ottica, guardiamo con attenzione al “gruppo di Vysegrad” del quale fanno già parte Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia, e al quale si potrebbe unire presto l’Austria, quale simbolo dell’opposizione alla degenerazione burocratica dell’Unione Europea e della difesa dell’Europa reale e storica.
Ripensare il rapporto con l’Europa per riprenderci innanzitutto la nostra sovranità nazionale e ribadire che la sovranità appartiene al popolo. Da qui la nostra volontà di revisione costituzionale per consentire agli italiani di esprimersi per via referendaria
sui trattati internazionali e per introdurre nella Costituzione una “riserva disovranità”, sul modello dell’ordinamento tedesco, che impedisca l’adesione a trattati e accordi internazionali o l’introduzione di direttive e/o regolamenti che ledano il nostro interesse nazionale o mettano in discussione la sovranità popolare.
Tornare, inoltre, a difendere i nostri asset strategici e la nostra capacità produttiva diventati terra di saccheggio per il capitalismo straniero, spesso sostenuto da Governi esteri per espandere la propria influenza sul nostro territorio.

UNA FILOSOFIA DELL'IDENTITA'


L’esigenza di riscoprire il valore della “Patria” nella politica contemporanea nasce dalla riflessione provocata dagli esiti conseguenti a decenni di rimozione, negazione e svilimento di questo concetto. Processo storico e culturale che ha avuto la sua massima fecondità a partire dagli anni sessanta, che ha prodotto quell’Europa (sia come Istituzione formale che come sommatoria dei suoi singoli Stati) oggi caratterizzata dal mito dell’integrazione e del superamento delle nazionalità, forgiata su apparati burocratici che in luogo di un federalismo rispettoso delle diversità somiglia ormai a un politburo di sapore sovietico. Un’Europa che negando le sue radici giudaico-cristiane e classiche, subordina le esigenze di identità e autonomia dei popoli a quelle di un universalismo radicale che opera in sintonia con un astratto principio multiculturalista, da cui deriva anche l’assenso all’indiscriminato e incontrollato accesso di persone da altri continenti in numeri che prefigurano una vera e propria sostituzione etnica (peraltro, auspicata sin dal 2001 dal Dipartimento Affari Sociali ed economici – Direzione Popolazione dell’ONU con la teoria del remplacement migration per rimpiazzare il calo demografico europeo) e con scenari che somigliano all’inquietante profezia del Campo dei Santi di Jean Raspail; che opera attraverso schemi preconfezionati dall’ideologia del politicamente corretto che Alain Finkielkraut ha qualificato come il “conformismo ideologico dei nostri tempi”, marginalizzando lo spazio di dibattito nel quale si forma l’opinione pubblica e criminalizzando le posizioni eccentriche rispetto a tale schema; e che, come logica conseguenza di tali presupposti, ha prodotto la condizione attuale caratterizzata dalla rinuncia, dall’autocensura e dalla negazione della propria identità.
Per ricostruire l’Italia – e attraverso di essa l’Europa – è necessario sviluppare una “filosofia dell’identità”, nel senso proposto da Renato Cristin: una “teoria di riappropriazione ontologica e di conservazione dinamica dell’identità europea, nella quale si esplicita una critica radicale del multiculturalismo e del politicamente corretto, della tendenza all’autocolpevolizzazione e della retorica dell’alterità”.
Conferire di nuovo un valore centrale al concetto di patria nell’agire politico è una missione particolarmente difficile – e urgente – in Italia. Mentre, solo per stare in Europa, tutte le nazioni hanno uno spiccato senso dell’appartenenza, una chiara rappresentazione degli interessi da difendere, una robusta cornice di miti e riti fondanti, in Italia questi elementi o non esistono o sono stati debolmente riscoperti solo dopo decenni di abbandono. Abbiamo dovuto attendere l’ingresso di Ciampi al Quirinale per riscoprire e valorizzare i simboli, le cerimonie, i riti laici attraverso i quali si manifesta una comunità nazionale, compresa la rivalutazione di quell’inno (fino a pochi giorni fa ancora “provvisorio”) che il nostro Movimento esibisce con orgoglio nella sua denominazione, ma che molti si vergognavano a cantare.
Le ragioni che hanno prodotto, nell’Italia repubblicana, quella che Ernesto Galli della Loggia definisce la “morte della patria” sono note e, per usare le sue parole, nella “situazione apertasi con la crisi del ’43 nessun soggetto politico italiano poté più permettersi di perseguire l’interesse nazionale del paese e basta” e “divenne necessario individuare preliminarmente i diversi progetti stranieri esistenti sull’Italia, e tra essi decidere quale si confacesse di più ai propri convincimenti in proposito”. Una classe dirigente (politica, economica, culturale) che non è stata “educata” a coltivare il sentimento di patria, inevitabilmente soccombe negli scenari internazionali, caratterizzati da una forte competitività, e spesso si fa vanto dell’accondiscendenza verso le ragioni e gli interessi altrui, bollando come “provincialismo” l’atteggiamento contrario. Un progetto politico di lungo respiro che voglia davvero sanare questa ferita, non può che trovare nella scuola e nell’università – e quindi nella formazione di nuove generazioni consapevoli della loro appartenenza a una comunità nazionale
– uno dei terreni privilegiati di impegno.
L’errore capitale commesso nella costruzione dell’Unione Europea è stato quello di voler fare  a meno delle identità delle nazioni che la compongono, ignorando    che le nazioni sono “organismi viventi” (secondo la lezione di Herder): invece di valorizzare queste ricchezze e la loro comune matrice (da cui è nata l’idea stessa    di Europa), i tecnoburocrati di Bruxelles continuano a proclamare (con il supporto di tutto l’apparato mediatico, intellettuale e accademico) l’esigenza di spogliare gli Stati nazionali delle loro prerogative per “cedere sovranità all’Unione Europea”, rendendo i cittadini sempre più distanti da un’Istituzione fredda e astratta. Quando, al contrario, l’unica possibilità che ha una nazione di esistere (Europa compresa)    è quella di rinnovare continuamente l’atto di libera volontà che porta a scegliere     di appartenere a un comune destino. Come diceva Ernest Renan, la nazione è “un plebiscito di tutti i giorni”, e giustamente Giovanni Gentile ammoniva che “suolo, vita comune, comunanza di usi e costumi, linguaggio e tradizione”, sono solo la “materia” di cui è costituita la nazione, che non è tale se non “avrà la coscienza di questa materia e non l’assumerà nella sua coscienza come il contenuto costitutivo della propria essenza spirituale e non ne farà oggetto della propria volontà”. Quel che vale per una nazione vale a maggior ragione per una confederazione di Stati, dove serve uno sforzo supplementare di libera scelta per motivare cessioni di sovranità e sublimazioni di particolarità nazionali.
La debolezza dell’identità culturale delle nazioni europee le rende più soggette all’aggressione dell’Islam radicale e militante, refrattario all’integrazione e nutrito di quella “nevrosi del colonizzato” che Jean Paul Sartre descriveva (e giustificava) quando celebrava con toni apologetici la “violenza irrefrenabile” che avrebbe prodotto “l’uomo nuovo” di “qualità migliore” a spese della civiltà europea “colonialista” e “imperialista”. Accecata dall’autoflagellante condanna dell’odio dello straniero che  le popolazioni autoctone europee manifesterebbero contro i migranti (senza mai cercare di comprenderne davvero  le ragioni di crescente insofferenza), l’ideologia  e le caste dominanti al potere non si accorgono dell’odio dello straniero, inteso nel senso del genitivo soggettivo, e cioè dell’odio che una parte sempre più consistente di stranieri (e persino di cittadini di seconda o terza generazione di origine straniera) nutre nei confronti della popolazione che li ha accolti. Con conseguenze devastanti per la pace sociale e il futuro della convivenza civile come dimostrano le stragi di Parigi, Nizza, Barcellona, Londra, Berlino… Tra queste conseguenze, vi è anche il risorgere di nazionalismi aggressivi e intolleranti e di teorie “suprematiste della razza bianca” che sembravano ormai archiviate dalla Storia. Ora come sempre, l’antidoto alle regressioni nazionalistiche e alla brutale conflittualità che queste produrrebbero, sta nel coltivare un sano sentimento patriottico, fondato sulla  difesa e valorizzazione delle diversità, delle specificità, della ricchezza e pluralità   di culture e stili di vita. Tutto l’opposto della standardizzazione, dell’omologazione, dell’appiattimento richiesti e imposti dalla globalizzazione selvaggia, nella quale si fondono l’utopia internazionalista vetero-comunista, il terzomondismo pauperista e la pratica commerciale mondialista delle grandi multinazionali.