mercoledì 30 maggio 2018
lunedì 28 maggio 2018
"La porcata di Mattarella" (Marcello Veneziani)
Alla fine, la porcata arrivò. Via il governo populista venuto dalle urne, via il ministro sgradito agli eurarchi, nasce il governo tecnico voluto dal Palazzo, nel nome del terrorismo economico europeo. Finisce un incubo e se ne apre un altro, forse peggiore. Tre mesi e stiamo peggio di prima. Il no a Savona di Mattarella e per sua bocca di tutto l’establishment, è il no all’Italia sovrana.
Si va al voto, Salvini e il centro-destra partono in vantaggio, Di Maio rischia grosso e al suo posto si rivede Diba; ma ora aspettatevi il bombardamento antipopulista, il terrorismo finanziario per seminare panico tra la gente e intimidire gli elettori… Dopo lunga agonia è finita la seconda repubblica ma non si sa che roba stia cominciando: la terza repubblica, la quarta internazionale, la quinta di Beethoveen…
Per ora becchiamoci l’Impero eurocratico e i suoi emissari locali e Cottarelli per accodarci all’Europa e far sbollire i furori populisti. E non voglio pensare a che terremoto accadrebbe se la maggioranza ampia del parlamento, tra fratelli d’Italia, lega e grillini, puntasse sull’impeachment del Presidente della repubblica. Stiamo davanti a una crisi senza precedenti….
Quando vedi schierati dalla stessa parte la Germania italofoba, gli eurocrati, la sinistra, i giornaloni, le agenzie di rating, Mister Spread e il Quirinale, agli italiani non resta che stringersi intorno a Salvini & Savona. Da una parte è il sistema, l’establishment, la Trojka, il primato contabile e finanziario, la conservazione degli assetti, l’apparato ideologico e tecnocratico che ci ha portato fin qui e dall’altra ci sono i popoli, i cittadini, il loro voto e il loro malessere. Capisci che è in gioco la sovranità nazionale e popolare, la possibilità per un governo di ridiscutere gli obblighi e le minacce, e non di subirli. Savona e Salvininon discutono la permanenza in Europa o nell’euro ma il modo di starci e i ruoli pre-assegnati. Tutto questo è vero, e si unisce al richiamo alla dignità nazionale, all’orgoglio italiano calpestato e ferito. Non si tratta di bullismo politico o di prepotenza populista. Non era Savona il toccasana né l’ammazzaeuropa; è semplicemente un lucido e autorevole economista e il migliore dei ministri proposti nella rosa di maggio del duo Salvini-Di Maio.
Impressiona vedere quante mezze calzette e sprovveduti totali vengano accettati dal Quirinale e da tutto l’apparato politico-mediatico-istituzionale in ministeri anche importanti, ma non venga accolto l’unico esperto, competente, che esprime appieno in sede economica la linea del cambiamento e della sovranità nazionale sancita dalla Costituzione e violata in seguito.
Ascoltate con attenzione gli avvertimenti di stampo mafioso e antidemocratico degli esponenti di quel corteo funebre che è la sinistra. A loro stanno bene i più sciamannati dei grillini mentre tolleranza zero verso Salvini, Savona, “la destra” e verso il vero contenuto del cambiamento, voluto e votato dagli elettori. Una posizione ideologica, pregiudiziale, minacciosa, antitaliana che ancora una volta non capisce il senso dei tempi, delle sfide e dei popoli. E si attarda sugli schemini di sinistra-progresso, destra-regresso.
Il quadro è chiaro ma bisogna con onestà e senso critico sottolineare anche due avversità. La prima è che lo schema italiani vittime/ europei carnefici semplifica brutalmente e imprecisamente la questione. Sia come popolo che come classi dirigenti i nostri guai non dipendono solo dai tiranni di fuori ma anche dai cialtroni di dentro, che peraltro rispecchiano il nostro popolo. Non scarichiamo sull’esterno colpe, errori, sprechi, abusi e debiti che derivano da noi stessi. È comodo farlo ma non è veritiero.
La seconda avversità riguarda proprio gli attori del cambiamento. Per ridiscutere gli assetti europei e il ruolo dell’Italia, per rinegoziare i parametri, ci vuole un governo forte, saldo, in grado di affrontare le sfide. E qui ci sale tutto lo sconforto. Salvini e i leghisti sono una squadra su cui con qualche azzardo e alcuni seri contrappesi potremmo anche avventurarci a scommettere.
Ma lo avreste visto un governo gialloverde, coi grillini che non hanno alcuna preparazione, alcuna convinzione, alcuna storia, riuscire a risalire la china e insieme a farsi sentire in Europa? Non sentivate aria di Grecia, di Tzipras e di come poi si sono ridotti? Pensate che un signore sorteggiato sulla ruota dei grillini, tale Conte, avrebbe potuto trattare con la Merkel e con Junker? Pensate che un Di Maio avrebbe potuto affiancarlo dando forza, credibilità e sicurezza al governo? E se tutto questo fosse stata solo una menata per tornare al voto? Partimmo con tante riserve critiche rispetto al nascente governo, ci sforzammo di sospenderle per non remare contro l’Italia che li aveva votati e non bocciarli prima di vederli all’opera.
Ora ci schieriamo inevitabilmente a loro favore quando vediamo la reazione furiosa dell’establishment e l’Italia umiliata. Ma quei due punti restano. E l’idea che tutto questo alla fine si traduca in un’altra campagna di guerra elettorale non ci esalta, mentre ci preoccupa il governo-cuscinetto nato per soffocare nella culla l’onda populista, di farla sbollire con l’alibi di gestire un semestre di scadenze perentorie.
Forza Salvini, Avanti Savona, Viva l’Italia. Però che porcata…
MV, Il Tempo 28 maggio 2018
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-porcata/
domenica 27 maggio 2018
Mattarella traditore: dimissioni ed elezioni !
Il presidente Sergio Mattarella è un traditore della patria che, invece di difendere la nostra sovranità nazionale e popolare, pensa a tutelare gli interessi dei poteri forti della plutocrazia mondialista: della Unione Europea, delle Banche Centrali, del Fondo Monetario Internazionale, della NATO e degli USA.
No a governi tecnici, servi degli interessi economici e geopolitici stranieri e privati: dobbiamo mobilitarci ed essere pronti a marciare su Roma, per chiedere le immediate dimissioni di Mattarella, la sua condanna per alto tradimento, e, contemporaneamente, subito elezioni politiche anticipate!
Partendo da Lega e Fratelli d'Italia, dobbiamo costituire un grande fronte nazionale, popolare, sociale, identitario e sovranista per difendere i nostri legittimi interessi, la nostra sicurezza, il nostro benessere, la nostra identità.
Circolo FARE FRONTE di Fratelli d'Italia
Roberto Jonghi in TV
"Questo governo giallo verde è troppo debole, vittima e ostaggio dei veti del presidente Mattarella che, invece di tutelare veramente la nostra sovranità nazionale, preferisce rassicurare i poteri forti internazionali della Unione Europea, delle Banche Centrali, e della NATO-USA"
"I veri nemici, non solo dell'Italia, ma di tutti I popoli liberi e le nazioni sovrani, sono i poteri forti della plutocrazia mondialista, ovvero gli interessi economici privati dell'alta finanza internazionale che controlla la moneta, le banche, le borse, le assicurazioni e gran parte della informazione pubblica che non è affatto libera ma faziosa e servile"
Roberto Jonghi Lavarini, presidente circolo
FARE FRONTE - FRATELLI d'ITALIA
Ospite della trasmissione di approfondimento politico La Notizia, condotta dal noto giornalista Paolo Bobbiese, su LA 6 TV, emergente televisione locale lombarda, di alta qualità.
mercoledì 23 maggio 2018
martedì 22 maggio 2018
Non al governo giallo-verde di Mattarella...
Abbiamo sincera stima e simpatia per la Lega e Matteo
Salvini ma questa alleanza di governo forzato con gli enigmatici 5 Stelle non
ci convince proprio, tantomeno la figura tecnica del professore Giuseppe Conte
(sconosciuto quanto saldamente legato ai poteri forti della plutocrazia
mondialista, ambiente dove è stato formato professionalmente, e formattato
culturalmente). Non ci sembra affatto un governo del cambiamento, quanto,
piuttosto, del compromesso, dove il vero regista è il nostro presidente della
repubblica, Sergio Mattarella, servile custode, non solo della costituzione
antifascista, ma anche degli equilibri e delle alleanze internazionali
(politiche, economiche e militari) con USA, Unione Europea, Banche Centrali e
NATO. Bene hanno fatto, quindi, Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia a stare
fuori dalla inedita alleanza giallo-verde, ed ad aspettare la composizione del
governo, prima di esprimere giudizi e posizioni politiche precise. Staremo a
vedere… La nostra posizione era, del resto, estremamente chiara e coerente: o
governo di centrodestra con Salvini presidente del consiglio o elezioni
politiche anticipate, dopo avere velocemente modificato la legge elettorale,
per assicurare una futura maggioranza, quindi stabilità politica. Una
maggioranza omogenea assicurerebbe un governo forte ed è proprio quello che non
vogliono i nemici internazionali della nostra sovranità popolare e nazionale,
ed i loro miserabili servi nostrani, traditori della nostra patria e dei nostri
legittimi interessi geopolitici ed economici.
Roberto Jonghi Lavarini
(presidente circolo Fare Fronte di Fratelli d'Italia)
lunedì 21 maggio 2018
sabato 19 maggio 2018
Mirko Cuneo, dirigente di Fare Fronte - Fratelli d'Italia
Nel Direttivo del Circolo Fare Fronte di Fratelli d'Italia, entra MIRKO CUNEO, noto imprenditore della comunicazione e formazione web, già militante dei giovani di Alleanza Nazionale ed ex dirigente del movimento politico Energie per l'Italia, una presenza importante per le sue competenze specifiche, che aiuterà la riorganizzazione, il rinnovamento e la propaganda dello storico gruppo della destra milanese.
https://www.mirkocuneo.it/
Infatti, Fare Fronte, nasce dal comitato Destra per Milano, fondato, nel lontano 2000, da un gruppo di storici esponenti del Movimento Sociale Italiano. La forza del gruppo sta nella sua composizione eterogenea e trasversale, da tutti i punti di vista: anagrafica, geografica, sociologica e professionale. Tante diverse energie, personalità e storie, unite da un comune sentimento patritottico e da una condivisa sensibilità sociale.
venerdì 18 maggio 2018
Anche in ABRUZZO: Fare Fronte!
Nasce il circolo politico culturale FARE FRONTE - ABRUZZO, per portare
avanti le tradizionali istanze della destra sociale in FRATELLI
d'ITALIA. A promuovere l'iniziativa è un gruppo di storici militanti e
dirigenti locali abruzzesi, con una lunga e diversificata esperianza
politica, che oggi si ritorvano perfettamente nella moderna linea
politica (patriottica, identitaria e sovranista) di GIORGIA MELONI, in
Italia, e di MARINE LE PEN in Europa.
Il circolo ha già un centinaio di sostenitori, sopratutto a Teramo ma in
tutte le provincie abruzzesi, fra questi diversi nomi noti del mondo
del lavoro. del volontariato e della cultura. Coordinatore di Fare
Fronte Abruzzo è EMIDIO DI GIANDOMENICO che porta in dote (o meglio,
riporta a casa) alla rinnovata "fiamma tricolore" della Meloni, anche
diversi esponenti del movimento Noi con Salvini, già delusi dalle scelte
locali e dalle alleanze nazionali della Lega.
"Una bella notizia dalla tradizionalista, patriottica e dannunziana terra d'Abruzzo. Non posso che ricordare storici dirigenti missini come Nino Sospiri e Nicola Cucullo. Conosco Emidio ed il suo gruppo di militanti e sono certo porterà un grande valore aggiunto a Fratelli d'Italia ed alla comune battaglia in difesa della nostra sovranità nazionale" ha commentato Roberto Jonghi Lavarini.
giovedì 17 maggio 2018
Fare Fronte in difesa della nostra Sovranità Nazionale!
Bene hanno fatto Giorgia Meloni e la Direzione Nazionale di Fratelli d'Italia a lanciara un patriottico appello alla unità del controdestra, ad una proposta di governo di centrodestra con Salvini candidato alla presidenza del conisglio dei ministri, che vada a cercarsi una maggioranza in parlamento, o, meglio, andare presto ad elezioni, dopo una veloce revisione della legge elettorale.
Ma il principale problema non è la inaffidabilità del movimento 5 Stelle, che contiene tutto ed il contrario di tutto, che non ha una precisa linea politica e che ha dimostrato di essere trasformista, diviso e settario, quanto assolutamente incapace di amministrare le città che governa.
Il vero problema è la nostra sovranità nazionale limitata dai poteri forti della Unione Europea, della NATO, della plutocrazia mondialista che controlla la moneta, le banche e le borse finanziarie del mondo. I veri nemici della nostra sovranità popolare e della nostra libertà di autodeterminazione politica sono paradossalmente, coloro che dovrebbero maggiormente difenderle, ovvero il presidente della repubblica, Mattarella, ed il presidente del consiglio abusivo Gentiloni, che, con le loro dichiarazioni pubbliche, il loro veti ufficiali e le loro trame silenziose, si muovono in maniera servile, a tutela degli interessi stranieri, altrui: europei, americani e mondialisti.
Se non ci liberiamo da queste catene sedicenti "democratiche" (politiche, militari, monetarie e finanziarie, figlie bastarde della IIGM e dell'infame Patto di Yalta), da questi complessi di colpa ed inferiorità culturale che ci hanno inculcato i padroni del sistema mediatico, e da questa classe dirigente di servi sciocchi e utili idioti, non saremo mai liberi e padroni del nostro destino.
Avanti quindi, con il nostro impegno politico, sociale e culturale, ma anche, e direi sopratutto, informativo e formativo. Avanti, liberi, coerenti e determinati, in Fratelli d'Italia e nel centrodestra, portando la nostra voce nel mondo del lavoro e del sociale, ma principalmente nelle scuole e nelle università dove risiede il futuro del nostro popolo e delle nostra nazione.
Roberto Jonghi Lavarini
presidente circolo Fare Fronte di Fratelli d'Italia
martedì 15 maggio 2018
PER UNA NUOVA SOVRANITA' MONETARIA
Quando un governo dipende dai banchieri per il denaro, questi ultimi e non i capi del governo controllano la situazione, dato che la mano che dà è al di sopra della mano che riceve. Napoleone Bonaparte.
La
moneta è uno strumento al servizio dei popoli e degli Stati. Rifiutiamo
la discussione ideologica che si è innescata sull’euro e reputiamo che
la questione della moneta unica europea debba essere trattata in modo
realistico e scientifico, senza pregiudizi di sorta.
I
dati empirici dicono che l’euro è una moneta che ha avuto effetti
distorsivi, anche per gli errori commessi da chi ha definito il rapporto
di cambio con la Lira, assolutamente penalizzante per l’Italia. L’Euro
di fatto ha arricchito la Germania e impoverito quasi tutti gli altri
Stati europei e per questo reputiamo l’implosione dell’Eurozona un
rischio reale.
La
politica monetaria espansiva attuata dall’attuale governatore della
BCE, e la conseguente svalutazione di un euro troppo forte e
penalizzante per la nostra economia, ha solo in parte frenato l’egoismo
dei banchieri tedeschi. È assolutamente necessario rimettere in
discussione il potere di intervento della Bce e il ruolo delle Banche
centrali nazionali.
Vogliamo
porre seriamente la questione euro in sede europea e affermare
la necessità di un sistema di compensazione tra gli Stati membri per
bilanciare gli squilibri causati dalla moneta unica. L’alternativa a
un meccanismo di reale riequilibrio non potrebbe che essere l’abbandono
concordato e ordinato dell’euro in accordo con gli altri Stati europei.
Porre
la questione euro vuol dire anche affrontare l’anomalia tutta europea
della sproporzione di forza tra la Banca Centrale e le istituzioni
rappresentative della volontà popolare a livello nazionale ed europeo.
BCE che, pur mantenendo la sua indipendenza funzionale, deve essere
trasformata in prestatore di ultima istanza per contrastare gli attacchi
speculativi sui singoli Stati. È di tutta evidenza che il Quantitative
Easing ha svolto una funzione storica simile e che, se tale strumento
fosse stato varato nell’autunno del 2011, si sarebbe evitato il lungo
inverno dei governi non scelti dal popolo.
DIFENDERE LA NOSTRA SOVRANITA'
Siamo
patrioti ed europei, perché da italiani crediamo nell’Europa dei
popoli. Comunità di nazioni, con lingue e tradizioni diverse, che,
tuttavia, si sono sempre riconosciute affini. Antiche città, campanili e
borghi che disegnano un paesaggio multiforme eppure, nei suoi tratti
essenziali, unico. Le sfide che ci aspettano a livello mondiale rendono
indispensabile un legame sempre più forte tra i nostri popoli.
Solo
l’Europa, nel suo complesso, può competere ad armi pari sullo scenario
planetario con potenze come Stati Uniti, Russia, Cina, India e i grandi
blocchi emergenti. Non è però l’attuale Unione Europea, segnata ormai da
una deriva burocratica, tecnocratica e lobbistica che appare
irreversibile, la corretta risposta alle necessità delle Nazioni
europee. Noi non ci schieriamo tra i sostenitori di un ingenuo
federalismo europeo fatto di ulteriori cessioni di sovranità e nemmeno
tra i fautori dell’Europa a due o più velocità.
Reputiamo
che si debbano rivedere tutti i trattati europei e ripartire da un
nuovo patto, da una Confederazione di Stati liberi e sovrani che
cooperino sulle grandi materie strategiche, dalla sicurezza
all’immigrazione, dal mercato comune alla politica estera e di difesa,
ma senza la tirannia acefala di un’anonima sovrastruttura burocratica
incapace di rappresentare le esigenze degli Stati membri e le istanze
dei loro cittadini.
In
questa ottica, guardiamo con attenzione al “gruppo di Vysegrad” del
quale fanno già parte Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia, e
al quale si potrebbe unire presto l’Austria, quale simbolo
dell’opposizione alla degenerazione burocratica dell’Unione Europea e
della difesa dell’Europa reale e storica.
Ripensare
il rapporto con l’Europa per riprenderci innanzitutto la nostra
sovranità nazionale e ribadire che la sovranità appartiene al popolo. Da
qui la nostra volontà di revisione costituzionale per consentire agli
italiani di esprimersi per via referendaria
sui
trattati internazionali e per introdurre nella Costituzione una
“riserva disovranità”, sul modello dell’ordinamento tedesco, che
impedisca l’adesione a trattati e accordi internazionali o
l’introduzione di direttive e/o regolamenti che ledano il nostro
interesse nazionale o mettano in discussione la sovranità popolare.
Tornare,
inoltre, a difendere i nostri asset strategici e la nostra capacità
produttiva diventati terra di saccheggio per il capitalismo straniero,
spesso sostenuto da Governi esteri per espandere la propria influenza
sul nostro territorio.
UNA FILOSOFIA DELL'IDENTITA'
L’esigenza
di riscoprire il valore della “Patria” nella politica contemporanea
nasce dalla riflessione provocata dagli esiti conseguenti a decenni di
rimozione, negazione e svilimento di questo concetto. Processo storico e
culturale che ha avuto la sua massima fecondità a partire dagli anni
sessanta, che ha prodotto quell’Europa (sia come Istituzione formale che
come sommatoria dei suoi singoli Stati) oggi caratterizzata dal mito
dell’integrazione e del superamento delle nazionalità, forgiata su
apparati burocratici che in luogo di un federalismo rispettoso delle
diversità somiglia ormai a un politburo di sapore sovietico.
Un’Europa che negando le sue radici giudaico-cristiane e classiche,
subordina le esigenze di identità e autonomia dei popoli a quelle di un
universalismo radicale che opera in sintonia con un astratto principio
multiculturalista, da cui deriva anche l’assenso all’indiscriminato e
incontrollato accesso di persone da altri continenti in numeri che
prefigurano una vera e propria sostituzione etnica (peraltro, auspicata
sin dal 2001 dal Dipartimento Affari Sociali ed economici – Direzione
Popolazione dell’ONU con la teoria del remplacement migration per rimpiazzare il calo demografico europeo) e con scenari che somigliano all’inquietante profezia del Campo dei Santi di Jean Raspail; che opera attraverso schemi preconfezionati dall’ideologia del politicamente corretto che
Alain Finkielkraut ha qualificato come il “conformismo ideologico dei
nostri tempi”, marginalizzando lo spazio di dibattito nel quale si forma
l’opinione pubblica e criminalizzando le posizioni eccentriche rispetto
a tale schema; e che, come logica conseguenza di tali presupposti, ha
prodotto la condizione attuale caratterizzata dalla rinuncia,
dall’autocensura e dalla negazione della propria identità.
Per
ricostruire l’Italia – e attraverso di essa l’Europa – è necessario
sviluppare una “filosofia dell’identità”, nel senso proposto da Renato
Cristin: una “teoria di riappropriazione ontologica e di conservazione dinamica dell’identità
europea, nella quale si esplicita una critica radicale del
multiculturalismo e del politicamente corretto, della tendenza
all’autocolpevolizzazione e della retorica dell’alterità”.
Conferire
di nuovo un valore centrale al concetto di patria nell’agire politico è
una missione particolarmente difficile – e urgente – in Italia. Mentre,
solo per stare in Europa, tutte le nazioni hanno uno spiccato senso
dell’appartenenza, una chiara rappresentazione degli interessi da
difendere, una robusta cornice di miti e riti fondanti, in Italia questi
elementi o non esistono o sono stati debolmente riscoperti solo dopo
decenni di abbandono. Abbiamo dovuto attendere l’ingresso di Ciampi al
Quirinale per riscoprire e valorizzare i simboli, le cerimonie, i riti
laici attraverso i quali si manifesta una comunità nazionale, compresa
la rivalutazione di quell’inno (fino a pochi giorni fa ancora
“provvisorio”) che il nostro Movimento esibisce con orgoglio nella sua
denominazione, ma che molti si vergognavano a cantare.
Le
ragioni che hanno prodotto, nell’Italia repubblicana, quella che
Ernesto Galli della Loggia definisce la “morte della patria” sono note
e, per usare le sue parole, nella “situazione apertasi con la crisi del
’43 nessun soggetto politico italiano poté più permettersi di perseguire
l’interesse nazionale del paese e basta” e “divenne necessario
individuare preliminarmente i diversi progetti stranieri esistenti
sull’Italia, e tra essi decidere quale si confacesse di più ai propri
convincimenti in proposito”. Una classe dirigente (politica, economica,
culturale) che non è stata “educata” a coltivare il sentimento di
patria, inevitabilmente soccombe negli scenari internazionali,
caratterizzati da una forte competitività, e spesso si fa vanto
dell’accondiscendenza verso le ragioni e gli interessi altrui, bollando
come “provincialismo” l’atteggiamento contrario. Un progetto politico di
lungo respiro che voglia davvero sanare questa ferita, non può che
trovare nella scuola e nell’università – e quindi nella formazione di
nuove generazioni consapevoli della loro appartenenza a una comunità
nazionale
– uno dei terreni privilegiati di impegno.
L’errore
capitale commesso nella costruzione dell’Unione Europea è stato quello
di voler fare a meno delle identità delle nazioni che la compongono,
ignorando che le nazioni sono “organismi viventi” (secondo la lezione
di Herder): invece di valorizzare queste ricchezze e la loro comune
matrice (da cui è nata l’idea stessa di Europa), i tecnoburocrati di
Bruxelles continuano a proclamare (con il supporto di tutto l’apparato
mediatico, intellettuale e accademico) l’esigenza di spogliare gli Stati
nazionali delle loro prerogative per “cedere sovranità all’Unione
Europea”, rendendo i cittadini sempre più distanti da un’Istituzione
fredda e astratta. Quando, al contrario, l’unica possibilità che ha una
nazione di esistere (Europa compresa) è quella di rinnovare
continuamente l’atto di libera volontà che porta a scegliere di
appartenere a un comune destino. Come diceva Ernest Renan, la nazione è
“un plebiscito di tutti i giorni”, e giustamente Giovanni Gentile
ammoniva che “suolo, vita comune, comunanza di usi e costumi, linguaggio
e tradizione”, sono solo la “materia” di cui è costituita la nazione,
che non è tale se non “avrà la coscienza di questa materia e non
l’assumerà nella sua coscienza come il contenuto costitutivo della
propria essenza spirituale e non ne farà oggetto della propria volontà”.
Quel che vale per una nazione vale a maggior ragione per una
confederazione di Stati, dove serve uno sforzo supplementare di libera scelta per motivare cessioni di sovranità e sublimazioni di particolarità nazionali.
La
debolezza dell’identità culturale delle nazioni europee le rende più
soggette all’aggressione dell’Islam radicale e militante, refrattario
all’integrazione e nutrito di quella “nevrosi del colonizzato” che Jean
Paul Sartre descriveva (e giustificava) quando celebrava con toni
apologetici la “violenza irrefrenabile” che avrebbe prodotto “l’uomo
nuovo” di “qualità migliore” a spese della civiltà europea
“colonialista” e “imperialista”. Accecata dall’autoflagellante condanna
dell’odio dello straniero che le popolazioni autoctone europee
manifesterebbero contro i migranti (senza mai cercare di comprenderne
davvero le ragioni di crescente insofferenza), l’ideologia e le caste
dominanti al potere non si accorgono dell’odio dello straniero,
inteso nel senso del genitivo soggettivo, e cioè dell’odio che una
parte sempre più consistente di stranieri (e persino di cittadini di
seconda o terza generazione di origine straniera) nutre nei confronti
della popolazione che li ha accolti. Con conseguenze devastanti per la
pace sociale e il futuro della convivenza civile come dimostrano le
stragi di Parigi, Nizza, Barcellona, Londra, Berlino… Tra queste
conseguenze, vi è anche il risorgere di nazionalismi aggressivi e
intolleranti e di teorie “suprematiste della razza bianca” che
sembravano ormai archiviate dalla Storia. Ora come sempre, l’antidoto
alle regressioni nazionalistiche e alla brutale conflittualità che
queste produrrebbero, sta nel coltivare un sano sentimento patriottico,
fondato sulla difesa e valorizzazione delle diversità, delle
specificità, della ricchezza e pluralità di culture e stili di vita.
Tutto l’opposto della standardizzazione, dell’omologazione,
dell’appiattimento richiesti e imposti dalla globalizzazione selvaggia,
nella quale si fondono l’utopia internazionalista vetero-comunista, il
terzomondismo pauperista e la pratica commerciale mondialista delle
grandi multinazionali.
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